La ricerca dell’unità di Endocrinologia UCBM in collaborazione con la Queen Mary University of London

18 maggio 2017 - Potrebbe essere presto disponibile un test in grado di scoprire, attraverso un semplice prelievo ematico, se c’è il rischio concreto di ammalarsi di diabete di tipo 1. Un’opportunità resa possibile grazie alla scoperta di un particolare anticorpo, chiamato oxPTM-INS-Ab, in grado di predire l’insorgenza del cosiddetto ‘diabete dei bambini’ già nei soggetti sani.

Lo afferma uno studio coordinato dal prof. Paolo Pozzili, Ordinario di Endocrinologia e Malattie Metaboliche presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma, e dal dottor Rocky Strollo, endocrinologo e ricercatore UCBM, in collaborazione con la Queen Mary University of London, appena pubblicato sulla rivista scientifica Diabetologia, organo ufficiale della European Association for the Study of Diabetes (EASD). Il lavoro ha dimostrato l’efficacia del biomarcatore nel 91 per cento dei casi. Questo potrebbe quindi essere la spia per prevedere l’insorgenza della malattia che solo in Italia colpisce oltre 300mila persone, con una crescita del 3 per cento annuo nel numero di giovani ai quali viene diagnosticata (fonte: Ministero della Salute).

Il diabete di tipo 1

Si tratta di una patologia autoimmune che porta il sistema immunitario a riconoscere come estranee e dannose le cellule del pancreas che producono l’insulina (beta-cellule) e, quindi, ad attaccarle e distruggerle, fino a causare un deficit assoluto di quest’ormone nell'organismo. La malattia, favorita talvolta da predisposizioni genetiche o esposizione a fattori ambientali non ancora identificati, come probabilmente infezioni virali, si sviluppa in genere durante gli anni dell’adolescenza, ma può comparire anche in età neonatale o nei giovani adulti: circa il 30 per cento dei casi di diabete di tipo 1 è diagnosticato, infatti, in età adulta. Non esiste al momento una cura definitiva, se non la surrogazione d'insulina nei soggetti rimasti ormai privi di beta-cellule funzionanti nel pancreas.

Segnali predittivi fino a 11 anni prima dell’esordio della patologia

I dati raccolti dallo studio ‘ABIS’ (All Babies in Southeast Sweden) dell’Università di Linköping, che ha seguito per circa 20 anni una popolazione di oltre 17mila soggetti attraverso prelievi ematici eseguiti periodicamente dalla nascita, hanno permesso agli studiosi UCBM di verificare l'eventuale presenza nel sangue di questo auto-anticorpo – rivolto contro una forma di insulina modificata da processi ossidativi – insieme a quella degli altri quattro tipi di bio-marcatori ’standard’, attualmente utilizzati per la diagnosi del diabete di tipo 1.

I ricercatori si sono focalizzati su questa particolare insulina modificata, non più riconosciuta dall’organismo come prodotto autoctono e quindi ‘bombardata’ dal sistema immunitario, ponendola come nuovo target della risposta autoimmune nel cosiddetto diabete dei bambini. A partire da questo dato, il gruppo del professor Pozzilli ha valutato l’efficacia del nuovo bio-marcatore sui soggetti sani, seguiti fin dall’età neonatale.

“La capacità – afferma Pozzilli – di indicare un futuro caso di diabete di tipo 1 in base alla presenza nel sangue di questo auto-anticorpo è risultata molto alta, identificando la quasi totalità dei casi. I risultati suggeriscono, perciò, che questo nuovo auto-anticorpo potrebbe divenire un alleato importante per riuscire a predire quali sono le persone più a rischio di contrarre questa forma di diabete, sporadica e finora non predicibile in tempo utile per evitare gravi danni alle beta-cellule del pancreas”.

“Questo studio – aggiunge Rocky Strollo, prima firma del lavoro – fornisce nuove informazioni sui meccanismi alla base di questa forma di diabete, perché dimostra che l’autoimmunità del pancreas può essere indotta da modifiche ossidative dell’insulina e che questo può accadere molti anni prima dell’esordio clinico della patologia, anche fino a undici”.

>> Per ulteriori dettagli consulta il comunicato stampa
>> Diabete, la ricerca UCBM (guarda il video)