Clifford Rosen racconta criteri e metodi di revisione e approvazione della più antica rivista clinica al mondo

5 dicembre 2016 - Uno scienziato onesto, che sappia integrare le discipline e faccia ricerca traslazionale: è questo il punto di partenza dell'intervento che uno degli autorevoli associate editor del New England Journal of Medicine ha tenuto in UCBM. Di fronte a quella che definisce “un’esplosione di pubblicazioni scientifiche”, Clifford Rosen constata la necessità dei ricercatori di pubblicare il più possibile, specialmente su riviste con un alto impact factor. “Ma non bisogna necessariamente pubblicare sulle riviste ‘top’ per avere progressi scientifici” – spiega –, “perché una continua crescita in un particolare ambito è già molto importante”.

“Fare scienza vuol dire lavorare costantemente su alcune questioni, dimostrando o confutando specifiche ipotesi”. A parlare a studenti e ricercatori UCBM è il direttore della ricerca clinica e traslazionale del Maine Medical Center di Portland, esperto di osteoporosi a livello internazionale, nonché studioso di cellule staminali e di metamorfosi del tessuto adiposo. Definito ‘astute clinician’ per aver trattato decine di pazienti affetti da osteoporosi, ha recentemente elaborato le linee guida sulla vitamina D per il National Institutes of Health (NIH).  

È la duplice formazione di clinico e scienziato ad aver condotto Rosen all’interno del board di 15 associate editor di una delle più antiche riviste di medicina, pubblicata dal 1826, e che oggi conta un impact factor di 64. Con soli 200 articoli di ricerca all’anno (“che consentono di avere un impact factor così alto”, chiarisce Rosen), il processo di presentazione e revisione degli articoli da parte del New England Journal of Medicine è molto rigido e dettagliato. “D’altronde l’altissima visibilità corrisponde a un grandissimo rischio, per cui gli editor si trovano costantemente di fronte a decisioni difficili con l’obiettivo di mantenere alta la reputazione della rivista”, spiega Rosen. Infine, una particolare attenzione va alle sperimentazioni cliniche il cui disegno iniziale può contare più degli esiti stessi per il NEJM: “infatti – consiglia l’editor – è sempre utile contattare la rivista prima di avviare la sperimentazione”.