"In Italia una vera e propria epidemia, ma alte probabilità di guarigione se si interviene presto"

2 giugno 2016 - “I disturbi del comportamento alimentare rappresentano una vera e propria epidemia in questo momento in Italia”. È l’allarme lanciato della prof.ssa Laura Dalla Ragione, docente presso il Corso di Laurea in Scienze dell’Alimentazione e della Nutrizione Umana UCBM. In occasione della Giornata mondiale contro i disturbi alimentari, l’esperta ricorda infatti che, secondo i dati del Ministero della Salute, “3 milioni di persone sono affette da tali patologie nel nostro Paese”.

Quali sono le patologie riconosciute come disturbi del comportamento alimentare (DCA)?

I disturbi più comuni sono l’anoressia nervosa restrittiva, la bulimia caratterizzata dall’abbuffata o dal vomito autoindotto e il nuovo disturbo da alimentazione incontrollata recentemente incluso nel manuale diagnostico delle patologie psichiatriche. Da qualche anno inoltre si diffondono sempre di più i disturbi alimentari maschili, con un tasso di incidenza del 20% nei nostri adolescenti. Nel caso dei maschi parliamo di reverse anorexia o vigoressia, ovvero della ricerca spasmodica dell’incremento della massa muscolare, che porta i ragazzi ad allenarsi intensivamente e a ridurre progressivamente la quantità di cibo.

La moda del food e le nuove tendenze alimentari possono avere conseguenze negative sulla salute?

Oggi è importantissimo capire cosa mangiare, curare la scelta e la preparazione del cibo, nonché valorizzarne il valore culturale legato alla convivialità. Purtroppo l’offerta abbondante di cibo e il dilagare del modello fisico della magrezza hanno portato ad un aumento dei disturbi e spiegano quindi come sia più facile di un tempo ammalarsi di queste patologie depressive.
Esistono poi anche disturbi legati alle mode culturali. L’ortoressia, l’ossessione di mangiare sano, è ad esempio una tendenza legata alla paura che il cibo faccia male e porta quindi a restringere le tipologie di cibo a pochissime qualità di alimenti, per arrivare infine a mangiare quasi nulla. L’ultima frontiera è invece quella dei disturbi selettivi dell’alimentazione, fino a pochi anni fa caratteristici dell’infanzia e oggi contratti anche da adolescenti, giovani e adulti che riducono la propria alimentazione a una gamma ristretta di cibi, come ad esempio quelli bianchi, o di una determinata consistenza. C’è infine anche chi si convince autonomamente di essere affetto da un’intolleranza alimentare e inizia ad escludere determinati alimenti dalla propria dieta con conseguenze dannose per l’organismo.

Ci sono novità terapeutiche riguardo alle cure dei DCA?

Oggi abbiamo terapie molto specializzate il cui fondamento è basato sull’integrazione tra il trattamento nutrizionale, quello psicologico e l’apporto familiare. Se i tre aspetti vengono affrontati insieme ci sono altissime probabilità di guarigione, purché si intervenga presto: la patologia tende alla cronicizzazione e alla recidiva. Gli interventi effettuati nel primo anno della storia della malattia restituiscono guarigioni nel 90% dei casi, soprattutto nell’anoressia.

Qual è il ruolo del nutrizionista?

Se specializzato nei disturbi del comportamento alimentare, il nutrizionista gioca un ruolo fondamentale. È chiamato ad aiutare il paziente a uscire dalle proprie ossessioni, accettando progressivamente l’integrazione di nuovi cibi e la modificazione del proprio corpo. I nutrizionisti spesso intercettano il problema prima dei terapisti, intervenendo con programmi di dimagrimento nell’obesità infantile e adolescenziale. L’Italia è il primo Paese in Europa per obesità infantile e spesso i ragazzi affetti da DCA sono stati bambini obesi o hanno chiesto ai propri genitori di essere accompagnati dallo specialista per una dieta. È imprescindibile quindi che il nutrizionista si renda conto tempestivamente se c’è il rischio di una patologia, perché può essere di grande aiuto intercettando i primi segnali.