Si chiama MMP10 la proteina sulla quale hanno da tempo e con successo puntato la lente d’ingrandimento i ricercatori dell’Università Campus Bio-Medico di Roma insieme a quelli dell’Università di Pamplona. Un elemento che può giocare a favore del fegato in caso di ‘danni acuti’, non ripetuti nel tempo, come nel caso di resezioni di parti del tessuto epatico o a seguito di intossicazioni. “In questo caso – spiega Simone Carotti, ricercatore di Anatomia Umana del Campus Bio-Medico – abbiamo scoperto che MMP10 favorisce la rigenerazione e la riparazione del tessuto epatico. Al contrario, nei casi di danno cronico, come nella cirrosi, a seguito di epatiti croniche virali o metaboliche, la stessa proteina può invece favorire l’insorgenza o la progressione di tumori del fegato”.
Lo studio dei meccanismi d’azione della proteina promette ora vantaggi sul piano terapeutico. “Nei casi acuti MMP10, insieme ad altre molecole simili potrebbe essere utilizzata per ripristinare una massa epatica compromessa, oppure mancante in caso di trapianto di un organo troppo piccolo per le necessità dell’organismo. Questo attraverso formulazioni farmacologiche o promuovendo la produzione della proteina da parte del fegato”, spiega Carotti. Mentre nei casi cronici l’idea è quella d’interferire con MMP10 “contrastando la proteina attraverso inibitori specifici che potrebbero risultare efficaci per il trattamento del tumore al fegato”, conclude il ricercatore, che ha lavorato al progetto.