Più di venti tra medici, specializzandi e studenti con zaini pieni di farmaci e attrezzature mediche oltre a tanta passione e competenza. Due settimane di lavoro in villaggi e baraccopoli dove l'accesso alle cure è quasi inesistente con circa 1.300 persone incontrate e visitate. Si è conclusa nei giorni scorsi l'edizione 2025 di Workcamp Perù, il progetto di volontariato internazionale promosso dall'Università Campus Bio-Medico di Roma e dalla Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, avviato nel 2006. Quest'anno sono stati 23 i volontari che hanno avuto la possibilità di operare nella Valle del Cañete, a sud di Lima, offrendo screening e momenti di formazione alla comunità locale, in collaborazione con Condoray – organizzazione peruviana che sostiene la crescita personale e sociale delle donne di tutte le età – e con la Caritas dei territori di Cañete, Yauyos e Huarochirí.

Il gruppo – coordinato dalla prof.ssa Rossana Alloni, Associata di Chirurgia e Direttore clinico della Fondazione – ha fornito assistenza agli abitanti del luogo svolgendo visite mediche, esami come elettrocardiogramma, ecografia e controllo della glicemia, screening dell'anemia nelle giovani donne, valutazioni nutrizionali per pazienti cardiopatici e affetti da diabete, nonché visite otorinolaringoiatriche con audiometria. Con il supporto della Caritas, i volontari hanno poi organizzato nelle scuole campagne mediche gratuite rivolte ad alunni, docenti e famiglie e hanno operato anche nel carcere locale, dove sono state visitate oltre 70 persone in una sola mattinata.

"Il Workcamp Perù ci ricorda da ormai quasi vent'anni che la medicina trova il senso più profondo nella responsabilità verso l'altro", ha affermato il Presidente dell'Università Campus Bio-Medico di Roma e della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico Carlo Tosti, che ha poi aggiunto: "Offrendo visite, formazione e supporto alle comunità vulnerabili, lontane anche geograficamente dalla nostra quotidianità, i volontari testimoniano che la conoscenza acquisita in università e in ospedale diventa autentico servizio solo quando si traduce in cura e attenzione ai più fragili".

"Operare nella Valle del Cañete significa misurarsi ogni giorno con condizioni di vita complesse e con bisogni sanitari spesso senza risposta", ha commentato la professoressa Rossana Alloni. "È in situazioni come questa – ha continuato Alloni – che i nostri professionisti del presente e del futuro fanno esperienza di una medicina essenziale, fondata sull’ascolto, sulle capacità cliniche fondamentali e sull’empatia. L'attività clinica diventa così anche un percorso di incontro reciproco: cercare di migliorare la vita delle persone che assistiamo può trasformare profondamente anche tutti noi che ci mettiamo al loro fianco".

Accanto all'attività ambulatoriale, sono stati inoltre realizzati momenti di educazione alla salute su alimentazione, igiene personale e domestica, oltre a sessioni di formazione continua rivolte a personale sanitario e docenti delle scuole locali su patologie molto diffuse sul territorio, come la malattia di Huntington e i disturbi dello spettro autistico, che purtroppo non dispongono ancora di un supporto adeguato nella regione.

Ma il Workcamp non è solo medicina: i volontari, infatti, hanno contribuito anche al ripristino dei locali destinati alle attività sanitarie, hanno condotto uno studio sulla gestione dei rifiuti – tema critico per la zona e di grande impatto per la salute pubblica – e avviato la produzione sul posto del sapone allo zolfo, particolarmente utile in un ambiente in cui gli acari sono molto presenti. Infine, il gruppo è stato impegnato nell'organizzare un sistema di refertazione a distanza degli ECG e nel verificare l’opportunità di creare consulti online per altre specialità mediche carenti sul territorio.

Il progetto, dunque, oltre a offrire un supporto concreto alle comunità più vulnerabili del Cañete, contribuisce anche a promuovere ogni anno tra i partecipanti un forte senso di responsabilità sociale, rafforzando valori fondanti dell’istituzione come la solidarietà, il servizio e l’impegno verso il prossimo.

Un aspetto emerso chiaramente dalle testimonianze di alcuni dei volontari: "Grazie a Workcamp Perù ho avuto la possibilità di seguire visite direttamente sul campo, confrontandomi con patologie note ma in condizioni di vita completamente diverse: un’esperienza che ha ampliato il mio sguardo clinico, ma che soprattutto mi ha aiutato a comprendere l’importanza del lavoro di squadra e della dimensione umana di ogni incontro con il paziente", ha raccontato la specializzanda Chiara Lagravinese. "Essere parte di questa missione" – ha aggiunto lo studente di Medicina Francesco Musolino "mi ha fatto capire quanto la disciplina medica non sia solo tecnica, ma sia soprattutto relazione e impegno verso chi ha meno risorse".