Oggi e domani il convegno "The anastomotic failure" per trattare gli aspetti clinici, fisiopatologici e tecnici dell'anastomosi intestinale. Confermata l'attenzione del Campus Bio-Medico di Roma al secondo big killer italiano, il tumore del colon-retto con l'apertura dell’ambulatorio open per la prevenzione e la cura

 11 luglio 2019 – Una complicanza grave che mette a rischio la vita della persona. Sulla deiscenza anastomotica, una problematica dell'intervento di anastomosi intestinale per i pazienti affetti da tumore al colon-retto, il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico promuove oggi e domani un convegno nazionale, dal titolo "The anastomotic failure", a cui partecipano i maggiori esperti italiani.

Con l'intervento di anastomosi, si incide il colon per asportare la parte dove insiste il tumore e si suturano successivamente i due lembi. Fin da subito, il passaggio del contenuto intestinale rappresenta un rischio: "Se la sutura non guarisce, la complicanza che emerge è la deiscenza anastomotica", spiega il professor Marco Caricato, responsabile dell'unità di Chirurgia Geriatrica e professore associato di Chirurgia generale del Policlinico Universitario del Campus Bio-Medico di Roma.  "Per evitarla, occorre far uscire il contenuto prima che passi sopra alla sutura attraverso una stomia, cioè una derivazione intestinale esterna, da effettuare prima dell'anastomosi".

Parlare delle cure contro il cancro del colon-retto in Italia è importante. Il tipo di neoplasia rappresenta infatti il secondo big killer: "Sia negli uomini sia nelle donne è al secondo posto fra tutti i tipi di tumore in termini di mortalità ed incidenza", ricorda il professor Caricato. In base al Rapporto del 2018 "I numeri del cancro in Italia" dell'Aiom, la mortalità dei pazienti con tumore al colon-retto è infatti dell'11 per cento nei maschi e del 12 per cento nelle femmine mentre l'incidenza è del 15 per cento negli uomini e del 13 per cento nelle donne.

Al Policlinico Universitario Campus Bio-Medico è attivo da poco un ambulatorio con accesso open, ovvero senza necessità di un appuntamento ma su suggerimento del medico di medicina generale. "Lo strumento cardine della prevenzione del tumore al colon-retto è lo screening, cioè gli esami per la popolazione generale per vedere se ci sono delle condizioni che predispongono lo sviluppo di un tumore o, in alternativa, l'accertamento della presenza. Lo screening fa parte dei Livelli essenziali di assistenza tuttavia non tutte le Asl riescono a realizzare programmi con copertura completa, e soprattutto non tutti i pazienti aderiscono. All'ambulatorio del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico ci proponiamo di mettere a disposizione del paziente tutti gli accertamenti che servono per sapere se il sangue occulto riscontrato nelle feci è un falso positivo o in alternativa se c'è un polipo o se la malattia è ad uno stadio avanzato".

Per prevenire la formazione della neoplasia, bisogna intervenire in tempo, quando emergono le prime lesioni. "Conosciamo benissimo le tappe dello sviluppo del tumore, a partire da una lesione, chiamata polipo adenomatoso, al tumore vero e proprio. È un percorso che si verifica nell'80 per cento dei casi e può durare 5-10 anni. Se riusciamo a intercettare il paziente prima che la lesione sia diventata tumore lo curiamo più facilmente, in genere, con una asportazione endoscopica", rammenta Caricato. 

L'ambulatorio dedicato alla prevenzione è solo l'ultimo esempio dell'attenzione destinata al tumore del colon-retto da parte del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico. "Il totale degli interventi di chirurgia colon-rettale qui al Campus Bio-Medico sono 250 ogni anno, di cui una altissima percentuale sono effettuati in laparoscopia per far soffrire meno il paziente", commenta il professor Caricato. In particolare, in base ai dati del Programma regionale di valutazione esiti (http://www.dep.lazio.it/prevale2019/index.php), gli interventi eseguiti con laparoscopia nel 2018 sono stati 67 su 100 tumori del colon.

I numeri del Policlinico Campus Bio-Medico sono ampiamente in linea con le indicazioni del ministero della Salute. Secondo il Piano nazionale esiti del ministero della Salute (Pne 2016), infatti, su 27.019 interventi per tumore al colon-retto è emerso che la sopravvivenza dopo 30 giorni negli ospedali che fanno più di 50 interventi l'anno è pari al 97 per cento mentre nelle strutture sotto la soglia dei 50 interventi la percentuale scende al 95 per cento, vale a dire una differenza di 151 morti in più.

Inoltre, nelle fasi iniziali della malattia tumorale del colon, un ruolo importante viene giocato dalla endoscopia operativa. "La nostra endoscopia – osserva il professore - è in grado di affrontare casi che nella maggioranza delle altre strutture sanitarie sarebbero trattati per via chirurgica. Di questo siamo orgogliosi perché abbiamo una endoscopia che ci offre il meglio. Un altro punto di forza è la multidisciplinarietà perché la nostra unità collabora con gli endoscopisti, i radioterapisti e gli oncologi".

Infine, al Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, il paziente è avviato a un percorso di ERAS, cioè guarigione accelerata dopo la chirurgia. "Si tratta – spiega il professor Caricato - di una serie di misure chirurgiche ma non strettamente tecniche, come ad esempio l'alimentazione, la mobilizzazione, la collaborazione con gli infermieri. In questo modo la persona interrompe il meno possibile le proprie abitudini: non smette di mangiare o di camminare, non mette il sondino e il drenaggio e dopo pochi giorni va a casa. Ciò non offre differenze dal punto di vista oncologico ma sul piano della qualità della vita, dell'assistenza e, in base ad alcune evidenze, riduce anche le complicanze".