In Italia il numero di casi di vaiolo delle scimmie potrebbe essere due volte più elevato del numero dei casi diagnosticati. A dirlo sono i risultati di uno studio italo-inglese dal titolo "Estimating the undetected infections in the Monkeypox outbreak" condotto dal prof. Massimo Ciccozzi, Ordinario di Epidemiologia Molecolare e Responsabile dell'Unità di Ricerca di Statistica Medica ed Epidemiologia Molecolare dell'Università Campus BIo-Medico di Roma, insieme ad Antonello Maruotti della Libera Università SS. Maria Assunta, Irene Rocchetti del Consiglio Superiore della Magistratura e Dankmar Bohning dell'Università di Southampton.
“Per arrivare a stimare le infezioni non diagnosticate ci siamo affidati alla statistica” spiega Ciccozzi. I ricercatori sono riusciti a simulare quella che potrebbe essere la reale situazione inserendo i numeri dei contagi di 10 diversi Paesi tra cui l'Italia. E così in Italia, a fronte dei 476 casi diagnosticati a fine luglio, potrebbero esserci in realtà un numero di infezioni fino a 2 volte in più.
Nel Regno Unito sarebbero 3,10 volte in più (7.653) rispetto ai 2.473 casi ufficiali, così come in Brasile, dove i casi censiti sono 1.367 mentre la statistica ci dice che potrebbero essere 3,14 volte di più (4.303). “I dati ci dicono che probabilmente in Germania dove il tasso di conversione tra casi reali e casi stimati è di 2,20 il picco è già stato raggiunto, mentre in Brasile no, così come in UK, dove si stima che esso arriverà a fine di questo mese” ha commentato il professore.
Ma per quale motivo i numeri del sommerso sono così elevati? Le ragioni sembrano essere molteplici. Da un lato solamente un numero esiguo di test è in grado di supportare le diagnosi e dall'altro il fatto che i sintomi iniziali della malattia sono altamente specifici, quali ad esempio le vescicole sul palmo delle mani e sotto la pianta dei piedi.
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