Un decalogo che affianca quello sui diritti del Paziente, pensato ed elaborato da un’équipe congiunta di psicologi e oncologi del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico. Obiettivo principale: far luce in modo istituzionalizzato sul ruolo e l’impegno dei familiari dei pazienti e sulle responsabilità e il supporto che le strutture sanitarie debbono e possono offrire loro per limitare gli effetti della malattia del congiunto sulla loro qualità di vita e di relazione

Roma, 1 marzo 2018 – Arriva dall’Università Campus Bio-Medico di Roma la Carta dei Diritti del Caregiver Familiare: un documento in dieci punti che accende un faro su compiti, prerogative, importanza, ma pure sulle difficoltà, le necessità, lo sconvolgimento in cui incappa l’esistenza dei familiari ‘prestatori di cure’, uno degli elementi-chiave nel percorso terapeutico di chiunque debba fare i conti con una patologia, soprattutto se cronica, invalidante od oncologica.

La Carta ha attirato l’attenzione del mondo medico-scientifico e in particolar modo di quello oncologico, al punto da essere stata pubblicata recentemente sulla prestigiosa rivista ESMO Open, con il titolo ‘La Carta dei Diritti del Caregiver Familiare. Il ruolo e l’importanza del caregiver: una proposta italiana’.

Un Decalogo dei diritti dei familiari che assistono un malato

All’interno, vi sono sanciti principi importanti per i prestatori di cure, come “il diritto di ricevere informazioni adeguate sulla malattia e sui trattamenti proposti, quello a ricevere “dall’équipe curante tutte le informazioni necessarie per assistere al meglio il proprio caro” e “informazioni chiare ed esaustive al fine di usufruire di tutti i Servizi territoriali utili nella cura del familiare”, così come a “legittimare i propri sentimenti: lungo il percorso di assistenza al proprio caro è normale sentirsi affaticati, tristi, nervosi o in difficoltà”; inoltre, vi sono contemplati il diritto “di prendersi cura di sé”, “di riconoscere i propri limiti e capacità”, “di mantenere degli spazi di vita per sé” e, se necessario, “di chiedere e ricevere aiuto” oppure, ancora, “di tutelare la propria salute” mediante alimentazione sana, ore di riposo adeguate e controlli medici di routine, così come “il diritto ad accedere a Servizi Sanitari di alta qualità”.

Lo studio USA sui caregiver: medici carenti sulle informazioni cliniche ai familiari

Argomenti in apparenza banali, se non fosse che una recente indagine condotta da tre centri americani (University of Michigan, University of Pittsburgh e VA Ann Arbor Healthcare System) su 700 adulti impegnati ad aiutare una persona della famiglia affetta da una malattia cronica come diabete, malattie cardiache, depressione o artrite (patologie, peraltro, che non compromettono necessariamente l’autosufficienza e impegnano in media un paio d’ore a settimana del caregiver) ha mostrato come il 41 per cento dei familiari senta di non saperne abbastanza sulle condizioni del proprio caro e sulle terapie che dovrebbe seguire. Non solo: un terzo tra i caregiver intervistati che sono riusciti a parlare con il medico di riferimento (il 45 per cento del totale) ha dichiarato che i sanitari non si sono mai mostrati disponibili a condividere con loro le informazioni cliniche del proprio congiunto.
I ricercatori hanno motivato questi esiti evidenziando che “i dottori evitano di coinvolgere i familiari per mancanza di tempo o per preoccupazioni sulla privacy, o perché non hanno mai chiesto al paziente se ci fosse qualcuno vicino a loro che li aiutasse”. Dati che, se confermati su scala mondiale, direbbero parecchio delle difficoltà che si trovano a vivere molti familiari coinvolti nel processo di cura di un congiunto.

In Europa l’80 per cento dell’assistenza a pazienti non autonomi prestata dai familiari

Gli Autori della Carta sono cinque e appartengono tutti al Policlinico Universitario Campus Bio-Medico: Daniele Santini e Giuseppe Tonini, rispettivamente responsabile del Day-Hospital medico e dell’Unità Operativa Complessa di Oncologia Medica; Daniela Tartaglini, Direttore del Dipartimento di Scienze Infermieristiche; Antonella Sisto e Flavia Vicinanza, psicologhe psicoterapeute del servizio di Psicologia clinica.

Sono partiti, come spesso accade, dai numeri: in particolare, quelli di uno studio (Ripamonti et al. 2014) secondo cui in Europa si stima che l’80 per cento dell’assistenza prestata a persone non autosufficienti è erogata da coniugi, figli e altri familiari. In questo senso, l’attività di caregiving implica per loro un impegno costante e a lungo termine, che può diventare logorante e provocare elevati livelli di stress e di disagio psico-fisico. “In letteratura – spiega Antonella Sisto, esperta del Servizio di Psicologia Clinica del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico e prima firma della pubblicazione – si evidenzia spesso che i caregiver sono esposti in modo prolungato a fattori stressanti, definiti ‘burden’ (fardello). Tale termine racchiude in realtà un concetto a più dimensioni e indica l’impatto e le ricadute del carico assistenziale sul benessere psicofisico e sulla qualità di vita dei portatori di cure informali”.

Questa Carta, che è patrimonio condiviso della nostra struttura – aggiunge Daniele Santini, responsabile del Day-Hospital Oncologico e principal investigator della pubblicazione – è nata dalla necessità di pensare a scelte di cura e di supporto professionale che permettano alle famiglie di vivere il difficile compito dell’assistenza potendo essere a loro volta supportate, per affrontare nel migliore dei modi il percorso tracciato dalla malattia”. Tra gli obiettivi principali del documento, infatti, c’è quello di mettere al centro del percorso di cura non più soltanto il paziente, ma anche i suoi familiari caregiver, conferendo un valore nuovo e del tutto speciale al ruolo della famiglia nel potenziare e sostenere l’impegno della persona nella gestione della propria salute.

Effetti ‘collaterali': ansia, disturbi del sonno, depressione, problemi gastrointestinali e cefalea

In effetti, le ripercussioni sulla vita del caregiver appaiono molteplici e possono favorire l’insorgenza di disturbi del sonno, depressione, ansia, astenia, disturbi gastrointestinali e cefalea, fino ad arrivare a compromettere il funzionamento in aree di vita quotidiana quali l’ambito personale, il ruolo lavorativo, la sfera di relazione e le dinamiche familiari (Ronald D et al., 2014). Da una ricerca che ha coinvolto i familiari dei pazienti con cancro del polmone è emerso che il 46,5 per cento dei partecipanti soffriva di ansia, mentre i soggetti depressi erano il 27,9 per cento. Lo stesso studio ha mostrato inoltre che l’incidenza dell’ansia nei caregiver superava il tasso degli stessi pazienti oncologici (46,5 per cento contro 32,6 per cento).

Da queste evidenze – sottolinea Daniela Tartaglini, co-autrice della Carta – deriva che se il caregiver si ammala, invece di rappresentare una risorsa potrebbe costituire un’aggravante in un contesto di per sé già molto difficile. È necessario, dunque, che il personale sanitario riconosca l’importanza della funzione di assistenza e intervenga tempestivamente per prevenire o ridurre l’insorgenza del ‘caregiver burden’”. Gli studi mostrano, infatti, che con l’avanzare della malattia del familiare, le problematiche psico-fisiche correlate al carico assistenziale tendono ad acuirsi, con conseguenze dirette sulla qualità della vita del familiare che gli presta assistenza (Johansen S, Cvancarova M, Ruland C, 2017).

La Carta dei Diritti del Caregiver Familiare è parte integrante del corredo di servizi del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico. “Essa si pone nel contesto di un approccio integrato alla cura che ha visto crescere negli ultimi anni un’équipe multidisciplinare formata da oncologi e psicologi che lavorano insieme, fianco a fianco, per porre il paziente al centro del percorso di cura e supportare in modo efficace e innovativo il caregiver familiare, accompagnandolo nel suo gravoso compito di assistenza al familiare malato”, chiarisce Flavia Vicinanza, psicologa del Servizio di Psicologia Clinica e co-autrice del documento.

Un ruolo che gli esperti del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico hanno voluto riconoscere e valorizzare in modo tale da responsabilizzare in questa direzione tutto il personale della struttura. “Sentirsi riconosciuti come portatori di diritti, oltre che erogatori di sostegno e supporto al paziente – aggiunge Giuseppe Tonini, responsabile dell'Oncologia presso il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico – rappresenta per i familiari che assistono un congiunto un passaggio-chiave nel favorire l’attivazione dei cosiddetti processi di ‘resilienza’, ovvero la capacità per una persona di affrontare e superare con successo un evento traumatico o un periodo di difficoltà”.