In partenza la prima edizione del master in "Infermieristica nelle cure primarie competenze digitali, manageriali e cliniche per l'infermiere di famiglia e di comunità"

Che cosa succede ai casi 'acuti' dopo essere stati trattati in ospedale, a partire dalla dimissione? Come il nostro sistema territoriale gestisce la presa in carico dei pazienti 'cronici'? Un tema reso quanto mai urgente ed evidente anche dalle conseguenze della pandemia sul nostro sistema sanitario e che è stato al centro della riflessione promossa il 4 giugno da UCBM sul ruolo degli infermieri nella sanità del futuro. Un'occasione utile per ribadire l'idea di una visione globale dell'assistenza, non solo legata alla fase acuta della malattia e quindi all'assetto ospedaliero, ma anche a tutto ciò che riguarda la prevenzione, la cura e la riabilitazione in ambito territoriale. Spazio in cui la figura dell'infermiere riveste e deve occupare un ruolo sempre più centrale.

"Ritengo che ci sia adesso il livello culturale adatto per dare una svolta al sistema, che deve rispondere non alla medicina del territorio ma alla salute del territorio", ha detto il Presidente dell'Ordine delle Professioni Infermieristiche di Roma, Maurizio Zega. Il riferimento è quindi all'anticipazione delle problematiche di salute e non solo alla loro risoluzione, con evidenti ricadute anche sulla spesa sanitaria, in cui entra in gioco "la proattività come uno dei capisaldi della professione infermieristica". Lo sguardo va ai Paesi del Nord Europa che stanno organizzando la risposta sanitaria in funzione del valore, inteso non come numero delle prestazioni erogate ma come valutazione del reintegro sociale e lavorativo del paziente. “Fino a quando non realizzeremo la continuità assistenziale, seguendo i pazienti nella dimensione di salute che ritrovano dopo il superamento della fase acuta della patologia, continueremo a pagare costi eccessivamente alti”, prosegue Zega spiegando che l’infermiere può ricoprire un ruolo significativo, ad esempio sapendo riconoscere una condizione di acuzie o di imminente pericolo di vita per segnalarla ai medici di medicina generale.

Si tratta quindi di offrire al cittadino una risposta sanitaria articolata anche grazie al riconoscimento delle competenze dei professionisti. Non tutti gli infermieri hanno infatti lo stesso percorso universitario e le stesse conoscenze ma ci sono figure che hanno stratificato la propria formazione, pur in assenza di riconoscimenti contrattuali. Tra questi, l'infermiere di famiglia e di comunità – dimensione specialistica dell'infermiere distrettuale – è figura chiave anche nel PNRR che traccia indicazioni chiare sulla risposta sanitaria territoriale. In questo senso "la formazione universitaria è fondamentale per sviluppare ed evolvere questa figura, con la produzione scientifica come punto chiave di questa svolta", conclude Zega.

Per questi motivi nasce presso l'Università Campus Bio-Medico di Roma il Master di I livello in Infermieristica nelle cure primarie: competenze digitali, manageriali e cliniche per l’infermiere di famiglia e di comunità. Al termine del percorso i partecipanti acquisiranno strategie e competenze per sviluppare un alto grado di padronanza dell'agire professionale, nello specifico:

> A livello individuale e familiare: attraverso degli interventi diretti e indiretti che hanno come destinatari la persona, la sua famiglia e le persone di riferimento per favorire la prevenzione alla salute;

> A livello comunitario: l’infermiere di cure primarie svolge attività trasversali con l’obiettivo di favorire l’attivazione e l’integrazione tra i vari operatori sanitari, sociali e le possibili risorse presenti sul territorio utili per risolvere problematiche inerenti ai bisogni di salute.

Per maggiori informazioni sul Master visita la pagina dedicata oppure contattaci all’indirizzo e-mail [email protected].

Le domande di ammissioni possono essere presentate entro il 12 settembre 2022.