Leonardo Becchetti: la sfida è creare impatto sulle comunità e l’ambiente

di Francesco Unali

Dopo trent’anni di globalizzazione segnata dall’accelerazione degli scambi e dalla sempre maggior frequenza delle crisi finanziarie, gli shock generati dalla pandemia, dall’inflazione e dalla guerra in Ucraina stanno spingendo a riconsiderare molti dei fattori dell’attuale sviluppo.

A gettare lo sguardo sulle opportunità che si aprono a partire da questi scenari e a puntare su responsabilità sociale, sostenibilità ambientale ed economia di impatto è Leonardo Becchetti (nel tondo), professore di Economia Politica all’Università di Roma “Tor Vergata” e direttore del festival dell’Economia civile. Se da un lato abbiamo compreso che la globalizzazione che abbiamo conosciuto non è sempre stata in grado di essere efficiente, dall’altro lei sostiene l’importanza di alcune forme di auto-organizzazione delle comunità in settori strategici come l’energia.

Quali sono oggi i limiti a un’ampia diffusione di questi nuovi processi?
Come cittadini abbiamo tre strade per renderci indipendenti energeticamente. La prima è mettere pannelli sul nostro tetto ma vale per chi ha case, tetti e risorse idonee.
La seconda sono i condomìni (autoconsumo collettivo) con un metodo collaudato che non chiede un euro ai condòmini e da subito permette di rientrare gradualmente dall’investimento.
Il terzo sono le comunità energetiche che consentono anche a chi non ha la casa o il condominio giusto di co-produrre energia da rinnovabili insieme ad altri membri della comunità che possono essere scuole, famiglie, imprese, parrocchie.

Il ritardo nella diffusione dipende dalla lenta transizione dal vecchio regime al nuovo legata al decreto legge che recepisce le nuove norme europee. Inoltre i decreti attuativi che completano questo percorso sono in ritardo da più di sei mesi.

Che cosa dovrebbe fare l’economia di mercato per diventare un’“economia del benessere”, perseguendo contemporaneamente gli obiettivi di crescita e di impatto sociale?
Deve mettere al centro la generatività, intesa come capacità della nostra vita di generare un impatto positivo sulla comunità e sull’ambiente. La generatività è la radice della soddisfazione e della ricchezza di senso del vivere. È possibile indirizzare la società e l’economia in questa direzione partendo dall’utilizzo di indicatori appositi che misurano la capacità dei territori di favorire le scelte di generatività dei cittadini, indicatori come quelli con cui misuriamo il benessere dei territori nel festival dell’Economia civile. L’Europa è oggi il continente più all’avanguardia per livelli di sanità pubblica, welfare e qualità della vita, ma l’aumento dei costi e delle diseguaglianze, soprattutto nelle aree demograficamente più anziane, rischia di mutare fortemente il quadro di benessere e coesione sociale.

Quali provvedimenti dovrebbero prendere l’Italia e l’Unione europea per proteggere i livelli attuali?
È fondamentale proseguire nell’approccio che definisce livelli essenziali di prestazione nella sanità e nel welfare, ma questo non basta. Bisogna mettere in moto non solo meccanismi di soglie minime ma anche processi che consentano di realizzare una convergenza verso l’alto, ovvero verso le migliori pratiche.

Lei da anni diffonde la cultura dell’economia civile attraverso una molteplicità di iniziative di cittadinanza attiva e consumo responsabile, e nelle sue conferenze parla esplicitamente di “felicità”: quali battaglie vanno combattute per costruire un’economia che tenga conto degli indicatori di benessere? L’imperativo fondamentale è unire i “generativi” (noi abbiamo provato a farlo creando “Next”, la rete delle organizzazioni che lavora per questi obiettivi) e rafforzare il pilastro del civile e della cittadinanza attiva che è la vera ricchezza di ogni democrazia e, storicamente, la ricchezza della nostra. Gli strumenti che rendono concreta la partecipazione e la cittadinanza generando risposte alle sfide di oggi sono le comunità energetiche, la crescita della cooperazione, il “voto col portafoglio” del consumo e del risparmio responsabile, i percorsi di amministrazione condivisa e tutti quei processi di economia che mettono assieme creazione di valore economico e di valori, come ad esempio il reinserimento lavorativo di categorie fragili.
L’economia del futuro di cui abbiamo bisogno sarà fatta di comunità e reti resilienti e capaci di promuovere sostenibilità sociale e ambientale.