Fin dal suo inizio l'Università si è sempre proposta di mettere al centro di ogni sua attività la persona, cosciente di svolgere un servizio al bene pubblico e al bene comune.

È così importante questo principio da essere presente in tutti i documenti fondamentali, dallo Statuto , dove si ricorda che ogni attività trae fondamento e ispirazione nella Carta delle Finalità (cfr Statuto UCBM, art. 1.2) , vengono offerte agli studenti, al corpo docente, ai ricercatori e al personale iniziative volte ad assicurare la formazione integrale della persona (cfr Statuto UCBM, art. 6.1); sia nella stessa Carta delle finalità che ricorda come tutto deve essere orientato al fine di realizzare un servizio alla persona, alla famiglia e alla società (cfr Carta delle Finalità, n. 1).

Troviamo eco di tutto questo nel discorso che il Prelato dell'Opera fece qui al Campus il 3 ottobre del 2018 in occasione del 25° dell'Università (diceva in quell'occasione l'Università sia un luogo dove la cultura divenga servizio all'uomo e non pretesto di autoaffermazione o esercizio di potere.); ma anche nel recente discorso che papa Francesco ha rivolto ai membri della Società Max Planck, in cui metteva in guardia nei confronti di un certo pensiero che si va diffondendo nell'ambito della grande scienza di "un principio di responsabilità "tecnica", che non ammette il giudizio morale di ciò che è bene e male. L’agire andrebbe valutato in termini solo funzionali, come se tutto ciò che è possibile fosse, per ciò stesso, eticamente lecito" (Discorso a una delegazione della Società Max Planck, 23-II-2023).

Sempre in quel discorso il Santo Padre ricordava come la posizione della Chiesa, e quindi cristiana, fosse invece quella di sentire su di sé la responsabilità di prendersi cura dell'altro, e non solo dando conto di ciò che si è fatto, "perché si è responsabili non solo per quel che si fa, ma anche e soprattutto per quel che non si fa, pur potendolo fare".

Richiamare questi principi nei quali ci riconosciamo non significa dire che ci siamo sempre riusciti, consapevoli di avere tutti dei limiti, che dobbiamo cercare di superare, correggendoci reciprocamente e imparando a chiedere scusa quando abbiamo sbagliato.

Al centro quindi la persona, verso la quale siamo chiamati a vivere lo spirito di servizio e a curare tante piccole cose nel nostro agire quotidiano. E non stiamo parlando solo del malato, degli studenti, ma di tutti quelli che –qualunque sia la loro funzione- lavorano accanto a noi. Le persone che passano per il Campus, quelle che lasceranno il lavoro qui per andare a lavorare da un'altra parte o perché andranno in pensione, non ricorderanno questo luogo perché tutto funzionava bene, devono ricordarlo per come sono stati trattati, per l’attenzione che hanno ricevuto come persona per la disponibilità che hanno sempre trovato nell'altro.

Anche sul luogo di lavoro la vita è fatta di piccole cose, nelle quali esercitiamo il comandamento dell'amore di Gesù: amare il prossimo. Una delle parabole più citate è quella del figliol prodigo, o come anche viene chiamata dei due figli. La conosciamo, ma forse non abbiamo colto un particolare in entrambi gli incontri con i due figli il Vangelo dice che il padre "uscì per andare loro incontro". Era il padre e da un figlio era stato in un certo senso abbandonato, dall'altro contestato, eppure è lui che esce incontro! È il grande insegnamento di questo brano evangelico. È un messaggio per noi; quando un malato o uno studente hanno bisogno di noi, quando un collega mi cerca o mi chiede qualcosa, qual è il mio atteggiamento? Trasmetto fretta, do l'impressione che le mie cose in quel momento sono più importanti delle sue? Molte persone hanno riportato che quando dovevano andare a chiedere qualcosa a San Josemaría mentre stava lavorando alla sua scrivania, questi si interrompeva e dedicava a quella persona tutta la sua attenzione, come se non avesse altro da fare, poi mentre usciva e chiudeva la porta vedeva che si era immerso di nuovo nelle sue carte. Certo è santità, è attenzione alla persona, ma è anche amore a quella persona.

La vita quotidiana è fatta di piccole cose che, se curate, possono cambiare il clima di lavoro. Un sorriso (san Josemaría diceva in Cammino n.173: Quella parola ben trovata, la battuta che non uscì dalla tua bocca; il sorriso amabile per colui che ti annoia; quel silenzio davanti a un'accusa ingiusta; la benevola conversazione con i seccatori e gli importuni; quel non dare importanza, quotidianamente, ai mille particolari fastidiosi e impertinenti delle persone che vivono con te... Tutto questo, con perseveranza, è davvero solida mortificazione interiore.), un fermarsi ad ascoltare, dare sempre una qualche risposta –interlocutoria o anche negativa se non ce ne sono altre, ma con garbo-; sono solo alcuni atteggiamenti che possono essere curati di più.

Certo sono cose che valgono sempre, anche a casa con le persone con cui viviamo. Dobbiamo ricordare che quando parliamo di formazione non possiamo pensare solo agli studenti; tutta la nostra vita è un cammino –di santità per coloro che hanno fede, di miglioramento come essere umano per tutti- che si percorre insieme agli altri. Per questo si parla di comunità universitaria, perché c’è un legame che unisce e che deve portare ciascuno a sentirsi responsabile nei confronti degli altri.

Ritorno alle parole del Papa: l'Università sia un luogo dove la cultura divenga servizio all’uomo e non pretesto di autoaffermazione o esercizio di potere. L'università sia un luogo dove ognuno vive al servizio degli altri, dove l'altro non è un "mezzo", ma una persona, con nome e cognome, con una sua storia, con degli affetti e dei sentimenti, una persona che –ci insegna la Bibbia- è fatta a immagine e somiglianza di Dio; per questo Gesù arriva a dire, quando parla delle opere di misericordia (cfr Mt, 25, 45) tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me (piccoli non di età ma perché bisognosi e tutti siamo bisognosi di qualcosa).

Affidiamo questo 30° anno accademico dell’Università alla Madonna. Lei, ancilla domini, rimane per noi l'esempio di come ci si mette al servizio degli altri, di un progetto. Le chiediamo che il progresso dell’università, vada sempre in parallelo con il progresso umano e spirituale di coloro che ci lavorano.