A colloquio con il sociologo Sergio Belardinelli (Alma Mater)
di Francesco Unali
Il momento che stiamo vivendo?
“Istintivamente direi che siamo in un tempo di crisi. Ma nelle crisi vi sono sempre preziose opportunità” esordisce il professor Sergio Belardinelli (nel tondo), docente di Sociologia della Cultura all’Università di Bologna e Coordinatore del Consulting Committee Ucbm.
“Penso che la pandemia abbia aperto scenari inediti che hanno mostrato l’importanza decisiva delle relazioni e del concetto di cura – continua Berlardinelli – dimensioni che avevamo trascurato e in certi casi perso: questo tema ci è oggi più chiaro e rappresenta un elemento di crescita della nostra consapevolezza.
Anche la guerra in Ucraina potrebbe aiutare a restituire valore a dimensioni come la solidarietà, il senso di appartenenza, la disponibilità a battersi e sacrificarsi per qualcosa a cui si appartiene. Elementi di speranza che si riaffacciano nel dibattito europeo proprio di fronte a scenari così drammatici”. Purtroppo oggi governi e cittadini soffrono la difficoltà ad adeguarsi all’incertezza.
Se vengono meno il potere d’acquisto, l’energia e persino la pace, risulta difficile vedere le opportunità. “Viviamo uno spaesamento ‘inedito’, eppure proprio oggi si può riscoprire la dimensione dell’incertezza. Non ricordo chi lo disse ma mi convince: ‘Finché siamo inquieti possiamo stare tranquilli’.
Forse, fino ad oggi, ci siamo appoggiati troppo a una dimensione ‘comoda’ della vita, quasi fosse un diritto acquisito. E la cosa che stupisce di più è che viviamo in una società che ama tanto la parola libertà ma non accetta la mancanza di controllo e l’incertezza che la libertà implica.
C’è invece un rapporto essenziale tra libertà e incertezza. Ci sarebbe anche da chiedersi quanto incida il fatto di vivere in una cultura individualistica che non tiene sufficientemente in conto le connessioni tra noi e gli altri.
“È vero – continua Belardinelli – Ci siamo illusi di essere padroni della nostra vita e per questo non tolleriamo più l’incertezza. Se c’è una situazione di incertezza è sempre colpa di qualcuno. Ma questo non è compatibile con la concezione della persona che ci arriva dalla tradizione cristiana, oggi in crisi.
Ciò ha conseguenze importanti: la perdita di dialettica tra la cultura cristiana e quella laica europea sta mettendo in crisi la forza e la ‘vitalità dell’Europa’ non solo a livello religioso ma anche politico-culturale”.
Quale può essere allora una via per superare con successo questa fase storica?
“Credo che, nel marasma di questi tempi, saprà cavarsela al meglio chi avrà risorse culturali e relazioni umane di valore – conclude Belardinelli – Che siano antitetiche a modalità tecnicistiche o dirigistiche, e siano incentrate sul rapporto tra libertà e responsabilità.
Bisogna coltivare un nuovo modo di stare con noi stessi e con gli altri, e per farlo servono luoghi di formazione popolati da relazioni concrete tra le persone. I giovani di oggi aspettano maestri che incarnino i valori e li trasformino in esperienza”.