Lo sviluppo integrale al centro del percorso universitario

di Carlo Tosti - Presidente dell’Università e della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico

Un grande risultato nasce sempre da una visione e dal desiderio di trasformare il sogno in realtà.
Ce lo insegnano le storie delle Big Tech nate nei garage della California alla fine degli anni ’70, fino alle più recenti startup.

In ogni campo dell’attività umana il successo è il frutto della somma di motivazioni personali e di preparazione, in un equilibrio tra tensione ideale e atteggiamento pragmatico.

Nella nostra Università diamo peso a questo delicato equilibrio e lavoriamo per formare studenti preparati, ma soprattutto persone consapevoli. Lo facciamo costruendo accanto al percorso di studi una serie di iniziative per la formazione integrale della persona.
Nello scenario attuale parlare di competenze nella dimensione universitaria significa anche formare persone in grado di cogliere, nella complessità, i bisogni reali delle persone e mettersi al servizio di essi. Se gettiamo lo sguardo sul momento attuale, far emergere la spinta ideale che salda la persona al proprio percorso formativo e al suo ruolo nel mondo del lavoro si fa esigenza più urgente che mai per costruire professionisti all’altezza delle sfide attuali.

L’università Italiana si è sempre contraddistinta per la capacità di fornire un modello di formazione dalle solide basi teoriche, incentrato sulla capacità di insegnare a studiare e da un approccio efficace al ragionamento critico.
Caratteristiche che tutto il mondo ci invidia e che trovano nel gran numero di ricercatori all'estero la prova del buon lavoro svolto dai nostri atenei.
Ma oggi nel nostro Paese stiamo assistendo a un fenomeno nuovo: mentre cresce vistosamente l’offerta formativa, calano le iscrizioni totali alle università. E se nelle materie Stem e in facoltà come quella di Medicina i dati sulle immatricolazioni sono ancora in controtendenza, anche qui si notano segnali d’allarme.

Il Ssn ha fame di medici, ma sono sempre meno i laureati disposti a specializzarsi in settori come la medicina d’urgenza, a fare i turni nei pronto soccorso o a lavorare nella medicina generale.

Per trovare risposte concrete a esigenze come queste, l’università è chiamata a strutturare, accanto a curricoli scientifici innovativi e di alto livello, veri e propri percorsi di formazione integrale capaci di far emergere le “vocazioni” di ciascuno studente.

Nella nostra università, che vedrà cadere quest’anno il suo trentennale, fare formazione integrale significa mettere lo studente al centro del progetto formativo e offrirgli ambienti di studio nei quali il confronto e la contaminazione tra saperi e culture sono quotidiani grazie allo scambio continuo di esperienze, alla possibilità di conoscere da vicino la ricerca scientifica, le problematiche cliniche e umane dei pazienti; dove è possibile studiare ed esercitarsi in strutture didattiche all’avanguardia. Abbiamo scelto di dare ai nostri studenti la possibilità di seguire corsi su temi non strettamente curriculari, come ad esempio etica e bioetica, che completano la loro formazione anche a livello umanistico. Possono esplorare in prima persona le dimensioni “nascoste” della loro futura professione: dal volontariato universitario, nelle nostre strutture di assistenza o sul territorio, alle esperienze in alcuni villaggi della Tanzania.
Lavoriamo per aiutarli a strutturare una mentalità aperta, attenta alla complessità, sensibile alle esigenze della persona.
Una mentalità aperta si forma anche stimolando la dimensione internazionale del percorso di studi. Anno dopo anno le esperienze all’estero, il rapporto con studenti provenienti da Paesi stranieri e quello con i visiting professor contaminano la vita dell’ateneo. E grazie a progetti specifici e al sostegno di partner attenti a questi temi la nostra università sta favorendo il rientro di docenti italiani dall’estero. Ne emerge così un quadro in cui la formazione tecnico-scientifica risulta essere solo una delle componenti del progetto formativo individuale.
Maggiore consapevolezza, quindi, per una maggiore motivazione, per lanciare nel mondo del lavoro professionisti con una marcia in più.

Da qui l’università può ripartire per comprendere dove è rimasta indietro (in primo luogo un’adeguata dotazione di fondi per la ricerca) e mettersi in cammino per porsi al livello degli atenei più all’avanguardia, accrescere la sua internazionalità e riuscire ad attrarre le migliori intelligenze, per porsi davvero al servizio della crescita degli studenti e, quindi, dell’intero Paese.