Incontro in aula magna con l’economista Carlo Cottarelli

di Irene De Marzo

22 marzo 2022 - Tra il perdurare della pandemia e l'avvio del conflitto in Ucraina, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha assunto ancora maggiore rilevanza per il futuro dell'Italia. Nuove sfide, infatti, si aprono per il Paese – e per tutta l'Europa – come quelle legate alla dipendenza energetica dall'estero e alla necessità di costruire rapidamente un percorso verso la transizione ecologica. Fondamentale è, quindi, una metodica allocazione delle risorse europee. Di questi temi si è parlato lo scorso primo marzo con Carlo Cottarelli, direttore dell'Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, nell'evento "L’economia italiana dopo il Covid" svoltosi presso l'aula magna dell'Università Campus Bio-Medico di Roma.

"L'80% della spesa prevista nel PNRR – ha sottolineato Cottarelli – va verso ambiti validi, ma troppo poco è stanziato per le persone, compresa la formazione e l’istruzione". Secondo Cottarelli il rischio di una scarsa attenzione all'educazione potrebbe condizionare il recupero del sistema Paese nelle competenze tecnologiche, considerato che dal 2007 la spesa pubblica per la scuola è stata la più tagliata e che questo ha forti conseguenze dal punto di vista della produttività e dell'innovazione.

D'altro canto, il direttore dell'Osservatorio sui Conti Pubblici ha sottolineato alcuni aspetti degni di nota nel Piano come il "puntare a riforme e investimenti". D'altronde, ha proseguito l'economista della Cattolica, il Piano coglie alcune problematiche del Paese, individuando ad esempio la causa dell'aumento della povertà dal 2008 ad oggi in un calo dei livelli di reddito e non nella sua redistribuzione. Pertanto, per migliorare la situazione è necessario "crescere di più, creando così più risorse". Altro aspetto lodevole, secondo Cottarelli, è l’approccio personalizzato del piano italiano, che potrebbe essere preso a modello nella riforma del patto di stabilità e che, rispetto al passato, dovrebbe prevedere programmi specifici per ciascun Paese da riapprovare ogni 4-5 anni sulla base dei risultati conseguiti e delle prospettive di crescita nazionali.